Era il 2014 quando abbiamo deciso di trasferire conoscenza e diffondere tecnologia open source in tutto il Sud del Mondo. Abbiamo scelto di usare il lavoro per fare la differenza, perché il lavoro è un atto politico. Sviluppare idee e progetti accessibili a tutte le persone del mondo è stato il nostro modo di favorire il cambiamento e l’inclusività. In questi 8 anni, io e i miei soci abbiamo lavorato con più di 20 Paesi, sviluppato e brevettato in licenza libera 6 tecnologie open source nei settori dell’energia e dell’agricoltura. Un risultato reso possibile grazie alla collaborazione con le migliori università e i migliori i ricercatori, designer e professionisti dell’innovazione.
Con lo stesso spirito open source a fine 2021 abbiamo iniziato una ricerca, insieme ad Andrea Cattabriga, per capire come ottenere i migliori strumenti e le migliori strategie per mettere a terra programmi di Brand Activism che non fossero figli della “fuffa di marketing”. Ci troviamo a vivere la naturale evoluzione di quella che è stata la stagione della CSR e delle vecchie strategie di impatto sociale. In Glocal Impact Network stiamo cercando nuovi modi di progettare le interazioni tra le imprese, le non-profit e la società Civile.
Parlare di scopo aziendale significa parlare della ragion d’essere di un’azienda. Non esiste una definizione universalmente accettata di scopo aziendale, ma generalmente gli autori fanno riferimento a un obiettivo che va oltre la mera sopravvivenza dell’azienda. Ad esempio, alcuni autori definiscono lo scopo aziendale attraverso la risposta alla domanda “perché esiste questa organizzazione?”, altri ne parlano come di un beneficio sociale, mentre altri ancora sostengono che lo scopo sia la risposta morale alle responsabilità di un’azienda. In breve, possiamo affermare che lo scopo aziendale mira a generare un impatto positivo al di là dell’azienda stessa. È un contributo positivo dell’organizzazione alla società.
Per riuscire a generare questo contributo le società non possono muoversi in maniera individuale e sono obbligate a considerare diversi stakeholder. Tutte le organizzazioni che vogliono avere un business “purpose driven” devono assicurarsi di sviluppare il proprio scopo in modo sostenibile nel tempo sia per loro stesse sia per far sì che i vari stakeholder possano far parte di questa nuova linea progettuale.
Ancor più importante però diventa il ruolo dei dipendenti. Le aziende che desiderano operare in modo sostenibile devono considerare i comportamenti che i propri dipendenti mettono in atto nel lavoro e nella vita all’interno dell’organizzazione. In una recente ricerca condotta da ricercatori dell’Universitat Internacional de Catalunya e dell’University of Navarra si evince come il vero potenziale dello scopo si ha quando i dipendenti comprendono, hanno interiorizzato e contribuiscono a uno scopo condiviso attraverso le loro azioni quotidiane.
Questo processo è noto come implementazione dello scopo (Lleo, Bastons, Rey e Ruiz-Perez, 2021). Il purpose, soprattutto quello sociale o definito come lo “scopo oltre il profitto”, ha bisogno di sostenibilità per lo sviluppo. Tuttavia, lo studio dei comportamenti sostenibili dei dipendenti ed il loro relativo impatto sull’implementazione dello scopo non sono ancora stati studiati con attenzione. È importante legare l’identità e la nascita del purpose ai comportamenti dei dipendenti poiché è ormai certificato che le aziende raggiungono livelli più elevati di sostenibilità attraverso l’uso efficiente e il contributo effettivo di altri stakeholder.
In poche parole, quello che emerge è che l’analisi dei comportamenti dei dipendenti sembra essere il modo migliore per valutare l’impatto delle strategie aziendali riguardo allo scopo: Più essi implementano lo scopo più l’azienda avrà benefici economici, sociali e ambientali.
Ma soprattutto reputazionali.
Il Glocal Action Toolkit può funzionare come processo di formazione e metodologia di pensiero sistemico per mettere in atto questa trasformazione. Attraverso dei workshop interattivi si ascoltano tutti i team operativi per definire un purpose sociale condiviso, si individua l’ecosistema nel quale agire e si offre una metodologia open source per progettare azioni a favore della società e del pianeta.
Il nostro toolkit è stato progettato e suddiviso in 3 fasi fondamentali volte all’attuazione di un purpose sociale nei dipendenti di un’organizzazione:*
Per prima cosa quindi lo scopo deve essere riconosciuto dai dipendenti e in tale scopo i dipendenti devono riconoscersi. Solo così saranno in grado di allineare con esso le loro azioni e le loro motivazioni.
Attraverso la prima fase, quella della comprensione, i dipendenti devono poter spiegare lo scopo aziendale con parole proprie, mettere in dubbio quello esistente imposto dal top management e infine crearne uno che possa rappresentarli. Nella fase successiva, quella della progettazione e interiorizzazione si processano in maniera sistemica le idee e si trasformano in strategie per agire. Riuscire a creare una progettazione che metta in connessione i valori dei dipendenti con lo scopo aziendale aumenterà la motivazione di questi ultimi. L’ultimo step è la fase dell’ azione, la ciliegina sulla torta, la fase più facilmente comunicabile ma che senza le due precedenti non potrebbe esistere. In base al purpose e alle idee nate in fase di progettazione si penseranno delle azioni capaci di generare un impatto sulla società e di promuovere lo scopo sociale dell’azienda.
Viviamo in un’epoca di grandi problemi complessi,apparentemente impossibili da risolvere. Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato grazie al nostro lavoro è che tutti possono e devono fare la loro parte, soprattutto le organizzazioni e le imprese. E fare la propria parte “fa bene al fare”: le imprese con le migliori prestazioni sul lungo periodo hanno un purpose sociale definito, è un fatto. Il futuro premierà chi sceglie consapevolmente di diventare un agente del cambiamento. Per questo motivo diventa cruciale e necessario cambiare l’approccio strategico agendo dall’interno dell’organizzazione, dal “cuore”.
Tutto questo fa sì che i manager delle aziende che vogliono diventare “purpose driven” debbano proteggere assolutamente le tre dimensioni sopra citate. Per farlo dovranno passare attraverso una comunicazione chiara, una leadership che promuova l’ascolto e politiche che consentano al dipendente di agire e di contribuire al raggiungimento dello scopo aziendale.
La sostenibilità è più di una semplice tendenza, ormai i consumatori sono sempre più consapevoli e coinvolti. Le aziende che non investono nella progettazione e nello studio rischiano che la comunicazione ingannevole (washing) crei un danno irreparabile alla reputazione aziendale. Proprio per questo noi abbiamo deciso di affrontare il Brand Activism dal punto di vista della progettazione sistemica e non solo della sua comunicazione, analizzando la nascita delle idee e la complessità nel farle diventare buone azioni capaci di generare cambiamento.
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*Tale differenziazione delle fasi viene condivisa e riportata nella ricerca scientifica riguardo l’implementazione dello scopo, condotta dai ricercatori spagnoli Lleo, Bastons, Rey e Ruiz-Perez (Universitat Internacional de Catalunya e University of Navarra)